Riformulazione delle Unità Pastorali in Diocesi – Proposta

di | Giugno 18, 2023

ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEI MINISTRI ORDINATI

Vicenza, 16 giugno 2023

CAMMINANDO, SI APRE IL CAMMINO

 

  1. “Anche la novità ha bisogno di essere rinnovata. Ipsa novitas renovanda est”. La riforma delle comunità cristiane è un compito perenne che la Ecclesia semper purificando” (LG 8) si trova a vivere nella convinzione che il cambiamento non è solo necessità, è anche e soprattutto virtù.

Desideriamo dare continuità, a piccoli passi, al cammino promettente iniziato con il Sinodo del 1984-1987, illuminato da EG e riformulato nel 2018 con gli Orientamenti per le Unità Pastorali (OUP), nel quale abbiamo recepito in diocesi il Concilio Vaticano IL Ci ricordiamo della lezione dell’Esodo: ci si mette in cammino perché una situazione è diventata insopportabile e per noi, l’occasione è il superamento dell’autoreferenzialità delle parrocchie e il calo numerico delle forze, sia presbiterali che laicali, che religiose. Tuttavia non si persevera nel cammino se non si è sorretti da una speranza, da una visione, da un sogno, la terra promessa. Quando si smarrisce la meta, cresce la nostalgia del passato, al punto da idealizzare anche la schiavitù in cambio delle pentole di carne e cipolle!

La grazia del Signore ci ha donato in papa Francesco una guida capace di ravvivare il sogno a cui tende la conversione per “una nuova presenza della Chiesa nel territorio, con un nuovo volto e un nuovo stile”. Sono parole che amiamo ripeterci spesso perché ciò che ci sta a cuore è molto più di una semplice riorganizzazione territoriale e burocratica: “Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una ‘semplice amministrazione’[…] Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per Vevangelizzazione del mondo attuale, piu che per Vautopreservazione” (EG 25.27).

Il cambiamento è mosso dalla visione di un bene, dall’intuizione di un bene prezioso, non solo e non tanto dalle necessità contingenti. Ogni autentico progetto di conversione strutturale è a servizio della missionarietà, a partire dalla conversione personale, anche e soprattutto quando facciamo esperienza della straordinaria distanza tra ciò che ci vien chiesto e i pochi pani e pesci che possiamo offrire, tra la mèsse e le nostre forze. Il quadro di riferimento è la visione offerta da Evangelii Gaudium, in vista di una “nuova tappa evangelizzatrice marcata dalla gioia (del Vangelo) e di nuove vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni” (EG 1).

 

  1. Icona biblica di riferimento: At 11,19-26; At 13,1-5.

 

  1. COSA CHIEDE ALLE CHIESE LO SPIRITO SANTO?

Con le Chiese che sono in Italia, desideriamo entrare nella fase sapienziale, dopo due anni di ascolto delle varie esperienze. I due anni della fase narrativa hanno “confermato, arricchito e rilanciato il sogno di una Chiesa che ascolta, che accoglie, che mette al centro le relazioni come in una casa, che celebra in modo coinvolgente, che sa condividere e dialogare, che è prossima ai passaggi di vita: in una parola, una Chiesa più snella, evangelica, libera” (Mons. Erio Castellucci, 25 maggio 2023).

La nostra più viva preoccupazione è, in genere, sapere cosa dobbiamo fare, come se fossimo noi i protagonisti del cammino. E se invece si trattasse di disfare, di essenzializzare, di concentrare le forze su alcune priorità? Prima ancora, sembra chiaro l’invito ad essere in modo diverso (ecco la conversione), perché l’agire verrà di conseguenza. Ricordiamo soprattutto che la Chiesa non è finalizzata a sé stessa ma al Regno, che è sempre più grande e sorprendente. Questo pensiero ci permette una serenità di fondo e una passione che non si scoraggia di fronte alle difficoltà e alla piccolezza sempre più evidenti. Afferma papa Francesco: “Sebbene questa missione ci richieda un impegno generoso, sarebbe un errore intenderla come un eroico compito personale, giacché l ’opera è prima di tutto sua, al di là di quanto possiamo scoprire e intendere. Gesù è «il primo e il più grande evangelizzatore» (EN 9). In qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio, che ha voluto chiamarci a collaborare con Lui e stimolarci con la forza del suo Spirito. La vera novità è quella che Dio stesso misteriosamente vuole produrre, quella che Egli ispira, quella che Egli provoca, quella che Egli orienta e accompagna in mille modi. In tutta la vita della Chiesa si deve sempre manifestare che l’iniziativa è di Dio, che «è lui che ha amato noi» per primo (1 Gv 4,10) e che «è Dio solo che fa crescere» (1 Cor 3,7). Questa convinzione ci permette di conservare la gioia in mezzo a un compito tanto esigente e sfidante che prende la nostra vita per intero. Ci chiede tutto, ma nello stesso tempo ci offre tutto ” (EG 12). Il nostro compito, pertanto, è lasciarsi sorprendere dallo Spirito e lasciarsi guidare da Lui fuori dai nostri schemi, dalla pretesa di sapere già tutto, perché “si è sempre fatto così”.

“Ora si apre la questione decisiva per la fase che inizia: come collegare la partenza e la meta, quali ponti costruire perché il sogno di Chiesa non rimanga un sogno?”. Quali passi siamo chiamati a compiere, quali ponti costruire con pazienza e perseveranza?

Imitiamo lo stile di Gesù: vita quotidiana per trent’anni e cammino per le strade per gli ultimi tre. Il metodo messo in atto da Gesù prevede rincontro con i singoli, a cui riserva tempo anche di notte o nelle ore più difficili; la formazione più continuata di alcuni (a volte dodici, a volte tre); l’insegnamento e la Grazia per tutti (la folla, il mondo, i poveri… gli scartati).

 

Raccogliendo quanto è emerso negli ultimi Consigli diocesani (Pastorale: 13 marzo 2023; 8 maggio 2023; Presbiterale: 16 febbraio 2023; 30 marzo 2023 con i Vicari; 4 maggio 2023), presentiamo alcuni criteri per la nostra diocesi, a partire da tre domande:

 

  1. QUALE CHIESA VOGLIAMO COSTRUIRE?

Le scelte concrete incarnano una visione, un sogno, non sono neutre. E così anche per noi. Confrontarci su alcune regole e scelte concrete, in realtà, è confrontarci sul sogno di Chiesa diocesana che desideriamo realizzare. Perché la Chiesa non esiste per sé stessa, ma per l’annuncio di un Vangelo che parla di accoglienza e perdono. Da più parti si manifesta il desiderio di aprire strade da percorrere perché tutti abbiano cittadinanza nella Chiesa, a prescindere dalla loro condizione socio-economica, dall’origine, dallo status legale, dall’orientamento sessuale.

Ma ci chiediamo anche: come attivare le nostre stanche Comunità, cariche di pesi e di anni, perché siano Chiese vive, attraenti, appassionate? Quali condizioni minime dovrebbero avere le comunità per considerarsi tali? Come rivedere i nostri linguaggi, anche nel contesto liturgico, perché siano più comprensibili e compartecipati?

Siamo convinti che “una parrocchia chiusa in sé stessa, muore per asfissia!”. Per essere viva, la parrocchia deve essere aperta alla partecipazione e alla missione “nello stile della prossimità” (EG 27). Non si fa Unità Pastorale primariamente per mancanza di Clero, ma per dare slancio alle parrocchie. Come operare la conversione missionaria delle comunità in modo che le “consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”?

Attualmente, il territorio diocesano, abitato da 839.380 abitanti, è suddiviso in 14 vicariati, 355 parrocchie raggruppate in 90 unità pastorali, mentre 12 parrocchie sono “singole”. Ci si interroga sulla possibile ristrutturazione delle UP, attorno ad un Centro di maggiore riferimento per un dato territorio. Le UP sono pensate attorno alla cifra di 15-25 mila abitanti, con due-tre preti e altri collaboratori. Dalle attuali 90 potrebbero diventare 50 (siamo ancora a livello di ipotesi).

Alcune parrocchie sono divenute molto piccole con poca partecipazione alla vita comunitaria (mentre altre parrocchie piccole sono più vive che mai). Ci si chiede se le parrocchie al di sotto dei mille abitanti (insieme ad altri criteri) non possano essere fuse o accorpate, tenendo conto che finché una parrocchia è tale, deve mantenere determinati obblighi giuridici, che appesantiscono la gestione. In modo progressivo è possibile prevedere l’unificazione delle 355 attuali parrocchie, in circa 206 parrocchie, individuando una forma giuridica più snella per le piccole comunità?

Pensando ad una Chiesa che valorizza l’apporto di tutti i battezzati, perché tutti i battezzati ricevono dallo Spirito uno o più doni per la costruzione delle comunità, ci si interroga sugli Organismi di partecipazione: quali organismi riteniamo essenziali nei Vicariati, nelle UP, nelle singole parrocchie

+ il Consiglio Pastorale Vicariale ha ancora un senso?

+ Le UP necessitano di un Consiglio Unitario: come deve essere configurato?

+ Si può pensare ad un consiglio, a gruppi di lavoro, ad assemblee che siano rappresentative delle singole comunità?

+ Come sviluppare l’apertura dei consigli parrocchiali per gli affari economici all’Unità Pastorale?

+ riteniamo necessario modificare il profilo giuridico di alcune parrocchie (sotto i mille abitanti?)?

+ come rinnovare le strutture materiali e la gestione amministrativa perché siano più snelle e recuperino il loro compito di strumenti della missione e non appesantiscano l’azione pastorale?

 

  1. QUALE PRESBITERIO VOGLIAMO ESSERE E AVERE?

Si tratta innanzitutto di superare una visione individualistica del prete, a favore di una “connotazione essenzialmente ‘relazionale ’ dell’identità del presbitero… In questo contesto l’ecclesiologia di comunione diventa decisiva per cogliere l ’identità del presbitero, la sua originale dignità, la sua vocazione e missione nel Popolo di Dio e nel mondo” (PDV 12).

+ i Presbiteri sono attualmente 382, di cui: 144 parroci e vicari parrocchiali; 156 collaboratori pastorali; 164 hanno più di 76 anni.

+ contando che in media celebriamo una Ordinazione presbiterale e salutiamo circa 12 confratelli alLanno, possiamo prevedere a grandi linee che nel 2033 saremo circa 248; mentre nel 2038, potremmo essere 186 circa.

+ i diaconi attualmente sono 38, con 19 candidati nel cammino di formazione;

+ Nel promuovere le Unità pastorali, si sono avviate le fraternità presbiterali, che al momento sono 75, con il coinvolgimento di 233 presbiteri, 2 vescovi e 5 diaconi. Sono forme di vita comune che stimolano la collaborazione pastorale, in varie forme di vita comune, per offrire un migliore servizio alle comunità affidate. In occasione dei trasferimenti, ad ogni presbitero viene chiesta la disponibilità a formare una fraternità e poi di elaborare con i confratelli le modalità più adatte di vita comune. L’esperienza insegna che un numero adatto per ogni fraternità dovrebbe prevedere almeno tre persone.

Si rende evidente una riformulazione del servizio presbiterale, non più legato a ruoli e titoli, da vivere in modo individualista e ‘onnipotente’, per quanta generosità si possa avere. “Un prete cattolico isolato è inutile, non sta bene e non serve a niente” (don Milani). Diventa

sempre più necessario rivedere il servizio in termini di fraternità e di collaborazione, non solo tra preti ma anche con i diaconi e con i laici.

In modo indicativo e del tutto sommario, si può dire che una equa distribuzione di energie chieda una ridistribuzione delle forze, tenendo presente i circa 839.380 abitanti della diocesi “a carico” dei 145 parroci e vicari, 156 collaboratori pastorali e 38 diaconi. Attualmente, si può pensare ad un prete ogni 5790 abitanti.

 

  1. QUALI LAICI E LAICHE VOGLIAMO ESSERE E AVERE?

È il tempo della corresponsabilità. Non solo i laici, ma anche molti presbiteri e vescovi segnalano la necessità di una reale corresponsabilità, affettiva ed effettiva, nella pastorale comunitaria. Ciò comporta la promozione dei Ministeri laicali, fondati sul battesimo, come sollecitato anche da papa Francesco nel 2021. La ristrutturazione della Diocesi in UP non può avvenire senza una trasformazione delle presenze laicali da esecutori, a collaboratori e ora corresponsabili. È giunta l’ora che i laici, e soprattutto le laiche, siano coinvolti nella cura e conduzione della parrocchia, senza che il presbitero assorba tutte le funzioni in sé.

  1. Gli organismi di partecipazione devono essere rilanciati con una migliore articolazione tra ruoli consultivi e ruoli deliberativi;
  2. La valorizzazione dei diaconi, anche attribuendo loro responsabilità pastorali;
  3. La costituzione dei Gruppi Ministeriali, in ogni parrocchia, con la possibilità di attribuire la conduzione di qualche comunità, in collegamento con un presbitero referente (cfr. Can 517#2);
  4. La preparazione e l’invio dei Ministri istituiti (Lettore, Accolito, Catechista), proposti da papa Francesco).
  5. La configurazione di nuove ministerialità che la vita stessa della Chiesa sta suggerendo, secondo la creatività dello Spirito: ministero dell’ascolto, dell’accoglienza, della consolazione, dell’accompagnamento…
  6. Il coinvolgimento più esplicito e responsabile dei laici nella gestione amministrativa, con deleghe specifiche e procure efficaci nella gestione dei beni.

 

  1. ALCUNE OSSERVAZIONI FINALI:
  • Molti di noi comprendono che non andremo molto lontano, mantenendo il ritmo e i pesi dell’attuale situazione. È possibile una Chiesa diversa, che avvicini le persone a Cristo e non che le allontani con i suoi blocchi, le sue regole, le sue pretese? Difficile che possa essere missionaria e attraente, rimanendo così com’è. La fase sapienziale ha il compito di individuare che cosa deve essere sbloccato e snellito. Il discernimento non è su “che cosa deve cambiare il mondo per avvicinarsi alla Chiesa”, ma “che cosa dobbiamo cambiare come Chiesa per incontrare il mondo”.

Un punto da riprendere con forza è certamente la pastorale vocazionale, che non può essere lasciata ai soli addetti ma tornare ad essere preoccupazione viva di ciascun battezzato e delle comunità.

  • Approfondiamo e applichiamo il Metodo della conversazione spirituale e del discernimento, in tutte le attività pastorali, valorizzando il sensus fidei (“il fiuto”) di tutti i battezzati;
  • Visita ai vicariati, per spiegare e condividere il sogno, accogliere suggerimenti e indicazioni per i passi da compiere insieme. Il processo è già messaggio.
  • Dopo la fase sapienziale, si giungerà ad alcune decisioni concrete profetiche per il cammino diocesano, ma a poco servirebbe se tali decisioni non fossero maturate insieme.

 

 

Per quel che ci riguarda, la prospettiva suggerita, e che valuteremo a settembre, sarebbe quella di unire l’UP di Brendola con quella di Altavilla. 

Come sapete don Giampaolo Marta è stato nominato Vicario Generale della Diocesi, suo successore è mons. Fabio Sottoriva finora direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali e responsabile delle celebrazioni liturgiche vescovili, sarà il prossimo referente per l’UP santa Bertilla di Brendola.