Responsabili di ambito. Novità pastorale del vescovo di Pinerolo

di | Novembre 25, 2021

La parrocchia ai laici. Novità pastorale del vescovo di Pinerolo

Tratto da: Adista Notizie n° 40 del 13/11/2021

 

40860 PINEROLO (TO)-ADISTA. Le parrocchie sono in crisi, Adista lo racconta e lo documenta da anni (vedi, fra l’altro, il convegno e il fascicolo speciale dedicato alla parrocchia, n. 33/20): un modello organizzativo-pastorale che arranca, anche – o soprattutto – perché fondato sulla centralità del prete, che assomiglia sempre più a una “specie in via di estinzione”, come dimostrano i recentissimi dati sul calo verticale del numero dei seminaristi diocesani, resi noti dalla Conferenza episcopale italiana, al termine di un lungo lavoro di ricerca realizzato dall’Ufficio nazionale per la pastorale della vocazioni della Cei. Nel decennio 2009-2019, infatti, la diminuzione è stata pari al 28 per cento. E se si prende in considerazione un arco di tempo più lungo, ovvero gli ultimi cinquant’anni, si evince che il calo delle vocazioni presbiterali è stato superiore al 70 per cento: nel 1970 i seminaristi erano 6.337, nel 2019 sono stati 2.103, oggi sono 1.804.

La soluzione prospettata finora in molte diocesi è quella delle «unità pastorali»: rivoluzione solo lessicale che non significa altro che lo stesso prete, invece di guidare una sola parrocchia, ne amministra due o tre. Un’operazione che non solo non risolve il problema delle parrocchie, ma anzi rischia di complicarlo, peraltro rafforzando ulteriormente il modello clericale, in cui il prete è il centro della comunità.

Arriva dalla diocesi di Pinerolo un’idea nuova che rimescola le carte e propone un modello organizzativo-pastorale completamente diverso, la cui centralità non è più occupata dal parroco, ma dalle comunità e, di conseguenza, dai fedeli laici. Il vescovo, mons. Derio Olivero, al posto delle «unità pastorali», ha lanciato la proposta dei «responsabili di ambito». Si tratta cioè di organizzare la parrocchia in sei ambiti pastorali: amministrazione, carità, liturgia, catechesi, famiglie e giovani, coordinate da responsabili nominati (con documento scritto e con un mandato pubblico) dal Consiglio pastorale presieduto dal parroco per un lasso di tre anni (e rinnovabile al massimo per un altro triennio). È un modo per «mettere le comunità in condizione di andare avanti, come se il parroco non ci fosse, rendendo ogni ambito in grado di funzionare in maniera autonoma», ha spiegato il vescovo Olivero a Vita diocesana, settimanale della Chiesa di Pinerolo.

La figura del responsabile non è pensata per occuparsi di tutto, anche perché non sarebbe possibile, ma per «far funzionare la pastorale del proprio ambito». Sia sotto il profilo organizzativo, preparando e incontrando mensilmente gli altri operatori e verificando periodicamente l’andamento del servizio, gestendo le emergenze e la comunicazione alla comunità; sia curando le relazioni con il parroco, con gli uffici diocesani e tra gli operatori. Un altro compito dei «responsabili di ambito» è di costituire insieme un’équipe che, attraverso incontri mensili, si occupi in modo coordinato della parrocchia seguendo le indicazioni del Consiglio pastorale parrocchiale.

 

Un modello del tutto nuovo, che infatti suscita dubbi fra i fedeli, probabilmente perché troppo abituati ad affidarsi alla figura del parroco: ridotto numero di operatori disponibili, rischi di caricare di troppe incombenze i responsabili o di creare ambiti che dividono anziché unire la comunità, hanno obiettato alcuni nell’incontro che si è svolto lo scorso 19 ottobre nella chiesa di San Genesio a Perosa Argentina fra gli operatori delle parrocchie della Val Chisone e Germanasca. «Lo sforzo di rinnovamento si pone l’obiettivo di razionalizzare il lavoro in modo che sia fatto bene», ha replicato il vescovo. L’obiettivo resta quello di «continuare a credere» e di «salvare» le parrocchie.

Un modello, quello proposto da mons. Olivero, che potrebbe costituire un importante elemento di riflessione anche per il «cammino sinodale» della Chiesa italiana che, fra qualche resistenza e mille tentennamenti (v. Adista Notizie nn. 37 e 39/21), è partito anche in Italia.